Calcio e scuola: due ambiti che spesso si escludono reciprocamente, ma che possono formare un binomio di valore

Ben pochi bambini e ragazzi soggetti alla scuola dell'obbligo, se potessero, sceglierebbero una giornata di scuola rispetto ad un'altra trascorsa sopra un campo di calcio.
La media qualitativa  dell'apprendimento in termini di risultati inoltre, sarebbe clamorosamente maggiore se gli allievi in questione mettessero nei libri, almeno la metà dell'impegno che probabilmente mettono durante la settimana nella corsa dietro al pallone.
Ma in Italia, Paese dalla forte vocazione sportiva secondo i numeri (17,7 milioni di italiani dichiarano di praticare sport, secondo i dati forniti dal CONI nel 2016), sport e scuola non riescono effettivamente a conciliare. Contando le due ore medie settimanali riservate all'educazione fisica nelle nostre scuole, é comprensibile come ad essa venga data poca importanza, tenendo sempre ben presente, che per tanti ragazzi, quelle due fatidiche ore rappresentano l'unico momento sportivo settimanale: totalmenti insufficienti per una crescita regolare e una vita sana.
L'opposto lato del problema, rappresenta invece quei ragazzi che tolgono il tempo agli studi a favore della pratica sportiva, con conseguenze che penalizzano gli stessi studenti dal punto di vista della corretta formazione.
Un sistema scolastico interamente votato ad abbracciare lo sport, potrebbe lenire e sconfiggere queste problematiche. Una scuola paritaria o addirittura un'universitá, che avesse la possibilità di formare squadre calcistiche proprie all'interno di un circuito provinciale, regionale e nazionale con sbocchi in direzione di leghe professionistiche, avrebbe la possibilità di formare atleti di buon livello con un grado di formazione più che accettabile, aprendo in questo modo un maggior numero di vie lavorative ai propri studenti, sia sportive, che in ulteriori campi professionali. Non tutti i giovani tesserati infatti diventeranno calciatori: é allora necessario dar loro una possibilità concreta che si rifletterá nel futuro. Chi diverrà calciatore, non sará per sempre calciatore e magari durante la carriera non percepirá manco stipendi da capogiro da grande campione, ma il minimo sindacale: é allora doveroso fornire strumenti necessari per essere uomini dotati di una cultura sufficiente, prima che calciatori o sportivi professionisti.
Una scuola che offrisse un modello d'istruzione correlato allo sport, in grado di offrire un quantitativo di ore minimo sufficiente per ogni alunno, combattendo obesitá e ulteriori patologie, favorendo l'aggregazione, sarebbe un modello d'istruzione migliore.
Insomma un sistema d'istruzione in grado di prevedere che ogni scuola abbia l'onere di formare delle squadre di calcio (maschile e femminile), che giocano all'interno di un circuito scolastico nazionale connesso con i settori giovanili delle squadre professionistiche, con giovani giocatori che si allenano durante alcune ore del consueto orario scolastico, vivendo lo sport nella scuola e la scuola nello sport, renderebbe la scuola stessa un posto migliore e lo sport un mezzo per essere liberi di scegliere il proprio futuro.
Un sistema nuovo dove il rendimento scolastico dev'essere messo in primo piano e dev'essere la misura meritocratica per meritarsi la convocazione alla partita. Un sistema in cui il rendimento sportivo dev'essere visto come il tramite in direzione dei settori giovanili più importanti, delle borse di studio per università maggiormente blasonate, di una qualità di vita e professionale maggiore, basato unicamente sul talento, la fatica e la meritocrazia.

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